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Recensione: "Racconti di un pellegrino russo" di un Anonimo storico

Cari gentiluomini e gentildame, benvenuti anche oggi a questo appuntamento letterario che vede protagonista un pellegrino russo immerso in quella landa desolata che è il suo habitat di peregrinazione. La sconfinata Russia. Il nostro protagonista è 'sui generis' a dire il poco, in quanto non è un eroe senza macchia o senza paura, di quelli con le cappe avvoltolate e sventolanti, né tantomeno una divertente macchietta che si ritrova coinvolta nelle più intriganti avventure giallo-horror, ma è solo un uomo dall'aspetto estremamente modesto che ha voluto fare della meditazione della Parola di Dio il proprio 'pane quotidiano', accompagnandolo al rinfrescante senso di franchezza dato dal viaggio fatto in solitudine. VIAGGIARE SOLI, MA NON ISOLATI. Un viandante solo non è però giammai isolato, poiché può contare sul suo Dio. E, il protagonista di questi sette racconti, ce lo fa capire bene quanto sia vero questo! Tutti i suoi incontri e gli avvenimenti di cui si rende partecipe sono infatti scanditi dalla onnipresenza dell'incontro con Gesù Cristo, vivissimo nelle riflessioni e negli 'accidenti' di percorso (perchè anche i pellegrini si lamentano, baby). La storia si dipana perciò in silenziose scampagnate in radure assolate, e freddi inverni passati in condizione di nomadismo e digiuno, tra incontri con soldati convertiti, pronti a fornire la loro 'razione' di esperienza sulla fede, e matjuske, cioè padrone (ovvero signore di rango elevato) che faranno di tutto per ospitare questo assai silenzioso pellegrino che, però, quando parla, ne ha ben donde, perlomeno sulla materia dell'adorazione di Dio e al riguardo dell'anima umana, propria ... e altrui. TRA RACCONTO E CATECHESI. Di un testo come questo ce ne sono pochi. Ciò che colpisce sono diversi elementi, che contribuiscono a rendere il testo estremamente vivo nei primi tre capitoli, e poi, estremamente 'dedicato' negli ultimi quattro. Posso anzitutto sottolineare con gaudio la presenza di un'umanità vibrante, che nel testo, è sempre presente: è bello poter quasi testimoniare di aver viaggiato a tutti gli effetti col protagonista, quasi come se si fosse ascoltato in prima persona quelle esperienze ed averne tratto insegnamenti importanti per la propria anima in primo luogo. Ciò, oltretutto, ha il non secondario vantaggio di non rendere noiosa la lettura, che scorre manco fosse argento vivo. Poi c'è la costante riflessione dello scrittore e del protagonista: i tipi più 'mentali', come si suol dire nell'american english, come me od alcuni di voi, sono certo apprezzeranno i continui rintocchi di un'anima che è tutt'altro che assopita, ed è perciò sempre pronta a 'balzare in piedi' non appena si noti una tematica degna di essere approfondita a dovere: bello non essere soli e ammalati!

Infine, vi sono due altri aspetti. Primo, il valore storico-cristologico dell'opera, che, rinvenuta nel secolo XIX, e tradotta in lingua italiana nell'arco del '900 è risultato diretto della produzione di quella esperienza narrativa che fu fatta propria dai 'padri del deserto' (termine col quale si indicano i maestri cristiano-primitivi che facevano del loro ramingo errare uno stile di vita incentrato sulla meditazione dei Vangeli e degli altri scritti sacri), secondo poi, il rilevantissimo segno religioso che questo testo contribuisce a darci - sul quale si può essere meno d'accordo, in quanto in tal caso stiamo esplicitamente parlando di materia di fede, cosa su cui alcuni non ancora convertiti possono storcere il naso - ma che in fondo corrisponde alla grandezza realmente più edificante che il libro ci dona a mani aperte. Riflessioni di un uomo vecchio di almeno duecento anni, ma proprio per il fatto di esserlo su una materia come la fede, duecento anni più vive per l'oggi. Ed è un libro che ti lascia una sicura riflessione: sarà davvero così importante pregare? In merito a ciò, posso dare la mia testimonianza.

Una volta mi cadde l'occhio su di una frase incisa in una lastra di marmo, pronunciata a suo tempo dal famosissimo Alfono Maria de'Liguori, ad oggi santo della Chiesa cattolica: "Chi prega certamente si salva, chi non prega certamente si perde".

...Ragioniamo, gente, ragioniamo!

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